Non solo offerte e donazioni: ecco lo stipendio mensile reale di un sacerdote

C’è un momento in cui quasi tutti, almeno una volta, se lo chiedono sottovoce: “Ma quindi, quanto guadagna davvero un sacerdote?”. Perché da fuori sembra tutto avvolto da offerte, donazioni, buste anonime e una specie di mistero. In realtà, lo stipendio mensile reale di un prete in Italia è molto più “normale” e soprattutto molto più regolato di quanto si pensi.

La cifra che sorprende: quanto prende un neo-ordinato

Un sacerdote appena ordinato, in Italia, percepisce in media 1.000-1.070 euro lordi al mese. Tradotto in pratica, dopo la tassazione ordinaria (spesso calcolata intorno al 23%), si scende a circa 800-987 euro netti.

E qui arriva un dettaglio che pochi conoscono: si tratta di 12 mensilità, senza tredicesimaquattordicesima. Insomma, un impianto più simile a un compenso essenziale garantito che a uno stipendio “classico” da contratto.

Non sono le offerte della parrocchia: da dove arrivano i soldi

L’idea che il prete viva direttamente delle offerte domenicali è dura a morire, ma non è così che funziona la parte principale della remunerazione.

Il sostentamento ordinario non viene dalla cassetta in fondo alla chiesa, ma da un fondo nazionale. A gestirlo è l’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero, un meccanismo coordinato dalla CEI e pensato per garantire una base economica uniforme, anche tra parrocchie ricche e parrocchie piccole.

In altre parole, l’obiettivo è evitare che la vita di un sacerdote dipenda dal “giro” della singola comunità.

Il sistema a punti: il trucco è tutto lì

Il cuore del calcolo è un sistema a punti, con un valore economico fissato annualmente. Per il 2025, il valore-punto annuale indicato è 13,38 euro (circa +2% rispetto al 2024).

Il meccanismo è semplice:

  1. Si prende il valore-punto dell’anno.
  2. Lo si moltiplica per il numero di punti legati al ruolo.
  3. Si ottiene lo stipendio lordo.

Un neo-ordinato è spesso collocato attorno agli 80 punti, che portano proprio a quei 1.049-1.070 euro lordi mensili (le variazioni dipendono da arrotondamenti e applicazioni locali).

Questa cifra è un minimo garantito, non un tetto. Ed è qui che iniziano le differenze reali tra un sacerdote e l’altro.

Parroci, vescovi, cardinali: quanto cambia salendo di responsabilità

Con il crescere delle responsabilità, cresce anche il compenso. Non sempre in modo spettacolare, ma la distanza c’è.

  • Parroco: circa 1.200 euro lordi al mese. Il netto varia molto, in alcune stime tra 1.100 e 1.400 euro, anche perché entrano in gioco indennità, rimborsi e incarichi effettivi.
  • Vescovo: intorno ai 3.000 euro lordi.
  • Cardinale: oltre 5.000 euro, con riduzioni applicate negli anni post-Covid in alcune aree della Curia Romana.
  • Papa: non esiste un “fisso” universale. È noto che Papa Francesco ha rinunciato a un compenso personale, mentre per Benedetto XVI si è parlato di circa 2.500 euro.

Qui, più che “carriera”, conta la parola chiave: responsabilità. Gestione, amministrazione, personale, strutture, decisioni delicate.

Gli extra che fanno davvero la differenza

La base è modesta, ma alcuni sacerdoti sommano incarichi. E allora il quadro cambia.

Ecco gli esempi più comuni:

  • insegnamento di religione a scuola,
  • cappellanie (ospedali, carceri, forze armate),
  • ruoli diocesani (uffici, tribunali ecclesiastici, formazione),
  • rimborsi spese effettivi per attività pastorali.

Con più incarichi, si può arrivare, in casi concreti, a 1.600-1.800 euro netti. Inoltre, con l’anzianità e alcuni livelli di servizio, circolano medie (su finestre di 5 anni e ruoli diversi) tra 1.838 e 3.512 euro lordi.

L’inflazione: perché l’aumento del punto non basta sempre

Il valore-punto è stato ritoccato (da 13,12 a 13,38 euro), ma chiunque faccia la spesa sa cosa significa: l’incremento copre solo in parte l’aumento del costo della vita. Il risultato è che il potere d’acquisto reale può restare fermo, o addirittura scendere, anche se sulla carta lo stipendio “sale”.

E questo spiega perché, al di là dei numeri, tanti sacerdoti descrivono il loro sostentamento come sobrio, essenziale, spesso sostenuto anche da casa canonica, pasti in comunità, reti familiari, o semplicemente da uno stile di vita molto contenuto.

La risposta finale: sì, lo stipendio esiste, ed è più trasparente di quanto sembri

Alla fine, la cosa che spiazza di più è questa: lo stipendio di un sacerdote diocesano in Italia non è un flusso casuale di offerte, ma un sistema strutturato, con regole, punti e un minimo garantito, legato alla Conferenza Episcopale Italiana.

Quindi sì, non solo offerte e donazioni. Il prete ha un compenso mensile reale, spesso più basso di quanto si immagina, e regolato in modo da assicurare continuità anche dove la parrocchia, da sola, non potrebbe farcela.

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